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Progetto standing (In piedi)

TEMI: lo specchio interpretativo, estraneità illeggibile, il dubbio, interno/esterno, incomunicabilità, alterità, la maschera/lo schermo, il riconoscimento dell'umano.

 

Questo progetto nasce come esperimento e continua ad esserlo.

Non partiva con le idee chiare, non ha le idee chiare, non avrà le idee chiare.

Ma delle idee, delle sensazioni, delle immagini ci sono eccome.

Stare a volto coperto, cieco e muto, in piedi per 30 minuti in un luogo pubblico.

Perché?

Per il doppio effetto estraniante: interno (l'attore) ed esterno (i passanti).

E, anche se con alcuni pre (aspettative, dubbi, interpretazioni), ho lasciato che l'azione venisse prima del pensiero, delle costruzioni razionali.

 

Il primo esperimento mette in moto la riflessione.

Il secondo diverge, coinvolge un altro attore (attrice, Berfin), si colora.

Il terzo torna all'origine ma con risultati diversi.

Il quarto e seguenti non esistono ancora ma verranno.

 M.F.B.S.

MotionlessFacelessBlindStandingExperiment n°1

Durata: 30 minuti

04/09/2015

Asche/Alter Steinweg, Münster

 

Pre.

 

Decido senza pensarci troppo. Da una finestra della Stadtbücherei Münster (Biblioteca cittadina) si ha una buona inquadratura di un angolo di strada che pare frequentato. Piazzo la telecamera, dico a Berfin che vado e colgo la determinazione con un po' di tremore. In tasca solo il telefono muto ma con una sveglia a vibrazione.

Quasi mi stupisco di quanto sia rapida l'operazione d'indossare il passamontagna (al contrario e con una ulteriore fascia sugli occhi).

Durante.

 

Interno.

 

  • l'esterno diventa enorme.

  • la cecità proietta gli altri sensi a costruire il mondo, il movimento del presente.

  • come un bambino che si copre la faccia credendo così di diventare invisibile, il passamontagna mi rende sicuro, elimina la mia timidezza di agire in pubblico.

  • sudare e godere del vento.

  • tensione lombare, piccoli movimenti incontrollabili e, per qualche istante, la forte tentazione di sedersi

  • lavoro costante per rimanere presente e non scappare dal qui e ora seguendo pensieri o semi-sogni cullati dal respiro sotto il passamontagna.

  • abbaiare di cani (contro di me?)

  • due persone mi parlano. Una, al mio non rispondere, ride. L'altra la sento fisicamente molto vicina.

  • il tempo è dilatato, potenzialmente infinito. Piccolo irrazionale terrore da naufrago in questo oceano: e se la sveglia non dovesse funzionare?

  • gratitudine per la sicurezza di Berfin dietro la telecamera.

  • mi aspetto di essere toccato da un momento all'altro. In un paio di occasioni immagino che sarà un contatto violento.

  • quando sfilo il passamontagna mi gira la testa, ho bisogno di stare ad occhi chiusi con il capo abbassato e, comunque, i primi passi sono da ubriaco.

 

Esterno.

(si veda video)

 

  • nella maggior parte dei casi non merito più di un'occhiata.

  • (min. 2:33 e 4:57) le due persone che mi parlano (mi chiedono cosa stia facendo) sono interessate e dubbiose. Ci avranno pensato in seguito?

  • (min. 4:57) Una delle due persone che mi parla è un uomo che sta con una ragazza. Passano sul marciapiede alla mia sinistra, mi vedono, lei mi fa delle foto. Vanno via ma tornano indietro per parlarmi, tentare di capire.

  • Sono andato via da trenta secondi quando arriva la polizia. Parlano con un borghese. Qualcuno li ha chiamati? Dal negozio dietro di me? Cosa avranno detto al telefono? Cosa si saranno aspettati di trovare i poliziotti?

 

 

Riflessioni.

 

  • interno: presenza totale nell'assenza parziale.

  • esterno: assenza totale nella presenza parziale.

  • Provocazione del dubbio puro: essere privo di attrito interpretativo. Estraneità illeggibile. Le interpretazioni sono moltiplicate senza possibilità di ottenere un risultato qualsiasi.

  • nel normale stare con altri percepiamo e interpretiamo quello che è proiettato sui volti, nel linguaggio corporeo. Il passamontagna, l'immobilità e la noncomunicazione creano un doppio effetto contemporaneo: rendono evidente lo schermo ed eliminano qualsiasi proiezione dallo schermo stesso. Si stimola così la tentazione di andare oltre, di attraversare lo schermo (la maschera). Forse anche la gioia di ritrovare la comunicabilità nelle altre facce, negli altri esseri umani. C'è una sorta di sollievo nel sapere che non siamo esseri immobili e senza volto?

 

M.S.C.C.E.O.E.

MotionlessStandingCoupleCoveringEachOtherEyes

Experiment n°1

Durata: circa 20 minuti.

08/09/2015

Türkisches Generalkonsulat, Lotharingerstr. 25, Münster

Pre.

 

Io e Berfin vogliamo provare insieme questa performance.

Girando per le strade di Münster ci imbattiamo nel Türkisches Generalkonsulat. Siamo solidali con la causa del popolo Curdo e ci tenta l'idea di rendere politica la nostra azione.

Chiediamo a Şah di stare vicino alla telecamera e di essere il nostro angelo custode. Accetta.

Nel breve tragitto da casa al consolato quasi non parliamo. La sensazione di andare a fare un'azione pubblica è molto forte. Rigiro la telecamera nelle mani come fosse un'arma.

Parcheggiamo la macchina. Scelgo l'inquadratura. Andiamo.

Siamo uno difronte all'altro e ci copriamo a vicenda gli occhi e parte della faccia con le mani.

 

Durante.

 

Interno (Io).

 

  • l'oscurità non è totale.

  • forte presenza dell'altro. Il suo respiro. Il calore delle sue mani. Essere nel presente è molto più facile della prima volta.

  • il tempo passa più rapidamente e scandito, contenuto, nei movimenti dell'altro, nelle mani che scivolano sulla faccia.

  • mi aspetto l'intervento della polizia da un momento all'altro. Ma non arriva.

  • Berfin, che deve tenere le braccia in alto per coprirmi, si affatica molto. Percepisco la tensione dei suoi muscoli.

  • ci sfuggono poche sussurrate parole.

Esterno.

(si veda video)

 

  • il posto è molto meno frequentato della prima volta.

  • nessuno tenta d'interagire.

  • (min. 1:45) gente del consolato ci osserva, sono consapevoli che la nostra è un'azione ma non ne capiscono il senso. Non sembra si preoccupino di tentare un'interpretazione.

  • (min. 6:12) una bambina chiede alla madre cosa stiamo facendo. La donna ammette la sua ignoranza. La bambina continua a voltarsi verso di noi. Si aspetta un movimento? Un qualche elemento che risponda al suo dubbio? Le piace ciò che vede? Ci penserà in seguito?

 

 

Riflessioni.

 

  • L'esterno non tenta l'interazione. Il cerchio, la bolla, di un mondo a due crea una distanza ulteriore? La sensazione, negli altri, che sono semplicemente affari nostri?

  • L'essere in due, il posto scelto, l'assenza del passamontagna, rendono più evidente il carattere performativo dell'azione. Magari altrettanto incomprensibile ma riconoscibile. Dare una definizione rassicura, si sa.

  • Interrompiamo l'esperimento prima del tempo prestabilito. Berfin è stanca e io, a volte, le spingo troppo la testa. Finire prima non è un problema. I 30 minuti non sono un dogma. L'interruzione è parte dell'esperimento (come si vedrà nel terzo esperimento).

 

 

M.F.B.S.

MotionlessFacelessBlindStanding

Experiment n°2

Durata: circa 10 minuti

10/09/2015

Heinrich Allee/Flingerstrasse, Düsseldorf

 

Pre.

 

Si torna all'estemporaneo. Una strada pedonale molto trafficata. A una decina di metri dalla mia posizione una stazione della metro. Telecamera, respiro, vado.

Durante.

 

Interno.

 

  • il breve tempo che la performance durerà mi sembra ancora più breve. Come se avessi appena iniziato una discesa subacquea e mi ritrovassi improvvisamente in superficie, esposto a luce, ossigeno e polizia.

  • nonostante sappia che tante persone mi stanno passando accanto mi sento più isolato della prima volta. Le folle in Germania non fanno rumore o, forse, il passamontagna crea una recinzione intorno a me, uno spazio da non attraversare. La massa protegge? La massa giudica?

  • qualcuno mi sfiora passandomi alle spalle. Un contatto brevissimo, non intenzionale, ma mi accelera il battito cardiaco.

  • “Hallo, ist die Polizei” e un tocco gentile all'altezza del gomito. Sono passati solo dieci minuti. Emergendo dall'oscurità ho bisogno di qualche secondo per mettere a fuoco.

  • per fortuna la poliziotta parla inglese. Mi perquisiscono. Non ho documenti e, dopo avermi detto che la gente ha paura, che sembro un “gangster” o un ladro, la poliziotta chiama per controllare i miei dati. Arriva Berfin e i poliziotti iniziano a parlare più con lei che parla tedesco, che con me.

  • “Ist dies auch politisch oder nur Kunst?” (è questo anche politico o solo arte?). Mi rimane impressa questa domanda che fa la poliziotta mentre è ancora al telefono. “Nur Kunst” (solo arte) rispondo. Sembra la risposta giusta. Cosa sarebbe successo se avessi detto “Auch politisch” (anche politico)?

Esterno.

(si veda video)

 

  • i passanti sembrano perlopiù disinteressati.

  • (min. 1:22) una coppia di anziani individua la telecamera e chiede a Berfin cosa stiamo facendo. Una performance. E che senso ha? è la seguente domanda.

  • (min. 1:30) un ragazzo saluta la telecamera. O qualcuno dietro di essa?

  • nonostante l'indifferenza qualcuno chiama la polizia. Da un negozio dietro di me?

 

 

Riflessioni.

 

  • il collegamento volto coperto=pericolo sembra sia automatico. Il nero del mio passamontagna credo non aiuti.

  • uno dei consigli più frequenti dopo questa esperienza è stato quello di rendere esplicito il carattere “artistico” della performance con un cartello, una maschera particolare, etc. Ma una delle poche certezze di questo progetto è quella di azzerare la leggibilità, essere puro dubbio, quindi la soluzione non mi convince.

  • A livello legale la polizia non potrebbe impedirmi di riprendere la performance dopo aver verificato che niente di pericoloso stia succedendo. Ma per due ragioni, in futuro, non credo che riprenderò se interrotto. La prima è che una volta uscito dal mondo buio dietro il passamontagna troverei forzato il tornarci. La seconda è che il tempo prefissato è arbitrario. Un'interruzione fa parte della performance, è la sua “naturale” conclusione. La prossima volta spero di riuscire a registrare la conversazione con chi interrompe.

  • la mia percezione dell'esterno non è determinata unicamente dalla quantità delle persone ma dalla qualità della loro presenza. Al di là dei tentativi di contatto c'è una sorta di recezione della densità e intensità degli sguardi.

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