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Racconti

Pubblico qui due piccole raccolte di racconti e un racconto lungo scaricabili. Per leggere con calma.

E un racconto per invogliarvi.

Le novità verranno pubblicate nel blog fino a raggiungere un numero tale da poter comporre una nuova raccolta.

Buona lettura!

(Qualsiasi proposta di collaborazione è benvenuta. Illustratori, registi, attori, redattori etc. contattatemi!)

Filippo Fóppili e i lacci.

 

 

Filippo Fóppili s’innervosì talmente a sputare i semi del mandarino che ne lasciò metà sul tavolo -se lo mangino le formiche, al diavolo!- e uscì.

Aveva voglia di pensare e un tale di sua conoscenza gli aveva spiegato che una passeggiata era il modo migliore per pensare –l’aria inspirata dai polmoni vivifica il sangue che blà blà nel cervello blà blà il ritmo regolare dei passi favorisce la concentrazione- e qui Filippo aveva smesso di ascoltare, non tanto per il tono borioso di quel tale, Marco Gabi, ma perché una riccia davvero niente male era passata sul marciapiede opposto rubandogli quel minimo di attenzione che per buona educazione stava dando alle parole di Marco. Si era messo a seguirla senza cavarne niente, ovvio.

Filippo Fóppili aveva voglia di pensare, magari un pensiero che avrebbe annichilito Marco Gabi e tutti gli altri sapientoni, un pensiero importante, insomma.

Al quindicesimo passo non aveva pensato ancora niente. –Diamine!- esclamò con moderazione, suscitando comunque un certo scandalo in due vecchie che parlavano di pantofole. Il suo cervello era troppo occupato, pieno, ecco perché non riusciva a pensare. Preoccupazioni di tutti i tipi. Per esempio adesso sentiva la scarpa destra un po’ larga. Che si sia slacciata? E se fosse stata solo un’illusione e la scarpa non fosse stata slacciata? Maledetti lacci! Ora dovrò chinarmi a guardare se la scarpa s’è slacciata e se così fosse dovrei fermarmi, trovare un gradino dove posare il piede, chinarmi e riallacciare, così non riuscirò a pensare.

–Maledetti lacci!- si lasciò sfuggire facendo ridere un gruppo di ragazzini che avrebbero meritato qualche schiaffone in più dalle loro mamme attente alla violenza nei videogiochi. Filippo Fóppili maledisse anche i ragazzini, le loro madri e pure i padri che sicuramente innocenti non erano, ed entrò da “Amici coi Piedi”. Spiegò al commesso la sua convinzione, ossia che invenzione imperfetta fossero i lacci che potevano aprirsi anche senza la volontà del loro utilizzatore. Il commesso consigliò le Speonx con chiusura a cerniera. Le comprò.

 

Passò qualche giorno senza che a Filippo Fóppili venisse una particolare voglia di pensare.

Poi s’innervosì nel tentare di spiegare il teorema di Pitagora a quell’idiota del figlio della vicina cui dava ripetizioni, –Un pensatore deve pur mangiare- ripeteva Filippo a quei saccenti figli di papà dei suoi amici che lo deridevano chiamandolo –babysitter-, tanto s’innervosì che mollò il bambino stupido davanti ad un triangolo ed uscì.

Avrebbe pensato un pensiero così importante che quei possidenti dei suoi compagni gli avrebbero donato case e mogli per servirlo come discepoli. Dopo qualche passo pensò con soddisfazione che non doveva preoccuparsi delle sue scarpe, avevano le cerniere, si rimirò in una vetrina e vide un piede nudo! La scarpa destra era sparita.

Filippo avrebbe strangolato volentieri il commesso di “Amici coi Piedi” ma quando lo dichiarò in questura questa volontà non sembrò una buona attenuante per i reati di cui lo accusavano: danneggiamento e disturbo della quiete pubblica. Certo s’era messo ad urlare e aveva lanciato la scarpa che gl’era rimasta contro la vetrina di “Amici coi Piedi” ma, cari tutori dell’ordine, era stato solo uno sfogo minore, un modo per prevenire un omicidio. Quelli non erano convinti e lo misero in cella. Ma il proprietario di “Amici coi Piedi” non sporse denuncia e, dopo quarantasette ore, lo lasciarono andare.

 

In quei due giorni in carcere Filippo Fóppili aveva deciso che non avrebbe messo mai più delle scarpe. Già tornando a casa, però, aveva notato che c’era qualcosa che non andava nella sua decisione: erano i piedi. Non facevano che dolergli. E poteva lui, Filippo Fóppili, preoccuparsi del dolore che i suoi piedi gli procuravano ad ogni pietruzza? No, no di certo, aveva altro cui pensare. Fece due giri in più dell’isolato per trovare una soluzione. Pietruz pietruz, pietruz pietruz. Telefonò all’associazione no-profit “Salviamo Solo l’Africa” (S.S.A) e donò i suoi piedi a una qualche sfortunata vittima di quella piaga che sono le mine antiuomo. –Efficacissima invenzione- non mancò di far notare Filippo alla gentile volontaria.

-Come scusi?- disse lei, ma Filippo non aveva voglia di spiegarle e riattaccò.

 

Quando Marco Gabi andò a trovare il mutilato Filippo Fóppili gli spiegò che, in effetti, lui e gli altri, in una delle loro Discussioni, erano giunti alla conclusione che essere bloccati su una sedia è il modo migliore per pensare, anzi lui, Marco, aveva sperimentato una nuova pratica di meditazione facendosi legare ad una sedia e raggiungendo ottimi risultati che si accinse a propinargli.

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